L’Italia è nel pieno della seconda ondata di contagi, ma la crescente incertezza conseguente alla situazione sanitaria viene, almeno in parte, mitigata dalle aspettative sulla disponibilità di uno o più vaccini. In tale contesto vanno lette le ultime previsioni sull’economia italiana.
Giovedì scorso l’Istat indica per il 2020 una contrazione del PIL dell’8,9%, seguita da una ripresa parziale nel 2021 (+4,0%),
A novembre, con il light lockdown e le limitazioni in funzione del grado di rischio differenziato per territorio, come ha evidenziato il 9° report Covid-19 dell’Ufficio Studi di Confartigianato, risulta in forte calo la fiducia delle imprese, interrompendo bruscamente il recupero avviato a maggio.
Per accelerare la crescita economica serve, tra l’altro, un livello di tassazione che garantisca la competitività del sistema delle imprese. Su questo fronte l’analisi delle previsioni della Commissione europea evidenzia che nel 2020 in Italia sale la pressione fiscale – il PIL si riduce più velocemente delle entrate fiscali – mentre in Eurozona si registra una diminuzione, portando a 1,6 punti di PIL lo spread fiscale, dopo che nel 2018 si era quasi completamente riassorbito il gap esploso nel 2012 a seguito della crisi del debito sovrano.
Il divario di pressione fiscale è in gran parte spiegato dalla maggiore tassazione energetica che, secondo i recenti dati di Eurostat aggiornati al 2019, in Italia è pari al 2,7% del PIL a fronte dell’1,8% della media Eurozona,.
Ad aggravare il prelievo sulle imprese hanno contribuito anche i 3,4 miliardi di euro di addizionali provinciali dichiarate in contrasto con la disciplina europea per le annualità 2010 e 2011 che Confartigianato, insieme alle altre associazioni, chiede di recuperare. Questo improprio extra gettito ha certamente spiazzato gli investimenti e penalizzato la creazione di valore delle imprese, proprio dopo il 2009, anno in cui il PIL segnò una perdita del 5,3%. Non si tratta, certo, di un buon esempio di politiche per l’accelerazione della crescita.