In un contesto in cui l’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo, la Banca centrale europea ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse di riferimento.
Il caro-tassi – La pausa della stretta monetaria tra ottobre e dicembre 2023 interrompe una serie, avviata a luglio 2022, di dieci rialzi consecutivi che ha generato un forte impatto sugli oneri finanziari delle imprese. Ad ottobre 2023 il costo del credito bancario per le imprese in Italia sale al 5,52%, in aumento di 391 punti base rispetto all’1,61% di giugno 2022, mese precedente all’avvio della stretta monetaria. Il costo del credito in Italia è di 26 punti base superiore alla media dell’Eurozona e nei sedici mesi in esame è salito di 48 punti base in più rispetto all’incremento registrato in Uem.
“La decisione della BCE di mantenere i tassi inalterati, seguendo l’orientamento già assunto dalla Fed americana – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – raffredda possibili tensioni sui mercati, ma non contribuirà al superamento dell’atteggiamento attendista delle imprese che continua a rallentare gli investimenti in un modo che permane preoccupante. Pur comprendendo l’atteggiamento di prudenza della BcE, c’è il timore che possano tornare a cantare le sirene dell’austerity, rallentando la chiusura degli accordi di riforma del patto di stabilità che, se tornerà a soffocare le capacità di intervento sulle economie nazionali da parte degli stati membri, in mancanza di una politica economica comune come quella fatta con il Next Generation EU, rischia di innescare nuovamente una spirale recessiva, a discapito di tutte le economie ormai indissolubili all’interno del mercato UE”.
Nel terzo trimestre del 2023 gli investimenti in macchinari e impianti – diversi dai mezzi di trasporto – sono scesi del 2,7% sul trimestre precedente, peggiorando la flessione del 0,9% rilevata nel secondo trimestre dell’anno.
La riduzione degli investimenti compromette i percorsi di transizione digitale e green delle imprese, frena la propensione ad innovare e rallenta la dinamica della produttività del lavoro.
All’aumento del costo del denaro si associa una riduzione del credito alle imprese. L’analisi dei dati dell’ultimo report di ‘Banche e moneta’ pubblicato dalla Banca d’Italia, evidenzia che ad ottobre 2023 i prestiti alle imprese si sono ridotti del 5,5% (era -6,7% nel mese precedente). La flessione è diffusa tra i settori, mentre le ultime rilevazioni disponibili evidenziano un calo più consistente per le micro e piccole imprese.
Le fonti di finanziamento – In una fase di stretta monetaria i piani di investimento e sviluppo delle imprese possono essere sostenuti da fonti di finanziamento alternative al credito bancario. L’analisi dei risultati dell’indagine condotta per il censimento permanente delle imprese ci indica che nel 2022 si consolida l’autofinanziamento come strumento di finanziamento interno a cui ricorre il 80,4% delle imprese micro e piccole imprese. Al secondo posto tra le fonti principali di finanziamento si colloca il finanziamento bancario, distinto in credito bancario a medio-lungo termine (27,7%) e a breve termine (11,1%). Tra le forme di finanziamento esterno complementari al credito bancario risultano relativamente più diffusi leasing e factoring (8,8%), i crediti commerciali (5,4%) e incentivi e/o agevolazioni pubbliche (3,4%). Tra gli altri strumenti di finanziamento, quote ridotte per il finanziamento mediante la vendita di azioni o quote dell’impresa (2,6%), contributi/fondi Ue (2,4%) e finanziamenti pubblici (2,0%). In generale incentivi, agevolazioni e fondi di natura pubblica registrano una maggiore diffusione rispetto alla precedente rilevazione (2028) a seguito degli interventi governativi che hanno fatto seguito al periodo pandemico.